Il giorno stesso in cui è stato emanato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 novembre 2020 sull'emergenza Covid-19, dopo essermi consultato con il nostro Ufficio legale, ho diramato un video messaggio con il quale ho chiarito quale fosse l'interpretazione da fornire al DPCM stesso, soprattutto per quanto riguardava l'attività venatoria.
In quel video ebbi modo di affermare che, mentre nulla cambiava per le zone gialle tranne l'obbligo del rispetto del “coprifuoco" dalle ore 22 alle ore 5 del mattino, per le zone arancioni si poteva andare a caccia nel proprio comune di residenza ma, se nel proprio comune non si fosse potuto, si poteva andare a caccia nell'A.T.C. o nel Comprensorio Alpino al quale si è iscritti.
Ebbi modo di affermare in quel video che, se si fosse voluto, equiparando l'attività venatoria alle altre attività sportive esercitate all'aperto e nel rispetto del distanziamento sociale, si sarebbe potuto permettere l’esercizio dell'attività venatoria anche nelle zone rosse.
Il mio video fu criticato non solo dai soliti animal-ambientalisti ma anche da qualche dirigente venatorio che riteneva che la nostra interpretazione fosse troppo permissiva.
A distanza di un mese da quel video, alcune regioni italiane che si trovano in zona arancione, ad iniziare dalla Toscana, hanno cominciato ad emanare provvedimenti che permettono la caccia negli A.T.C. a cui si è iscritti e non solo nel proprio comune di residenza.
A qualcuno potrebbe risultare antipatico se adesso scrivessimo che avevamo ragione noi con quel video del 3 novembre u.s..
L'importante è che qualcuno, con grave ritardo, abbia capito che quello che si sta facendo adesso lo si poteva fare sin dal 3 di novembre 2020.
Abbiamo solo perso inutilmente più di un mese di caccia che nessuno ci potrà restituire.